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Sinner è solo la punta dell’iceberg. Il tennis italiano è figo e i francesi vogliono copiarci (di C. Giua)

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Quando è entrato nella sala del seminterrato dello stadio Philippe-Chatrier per incontrare i giornalisti, Jannik Sinner non è sembrato di buon umore. Come sempre ha risposto con cortesia e acume alle domande sul quarto di finale vittorioso – che gli hanno posto gli stranieri – e a quelle degli italiani sulla conquista della vetta del ranking ATP in conseguenza del ritiro di Novak Djokovic dal torneo. Ha però sorriso solo un paio di volte, lui solitamente sereno e ironico anche quando, raramente, esce sconfitto dal campo di gioco. La sensazione è che cominci a pesargli la responsabilità di essere sempre al centro dell’attenzione, come peraltro è inevitabile quando si ottengono risultati senza precedenti in uno degli sport più praticati e seguiti nel nostro paese.

Dal 2018 in poi ho visto almeno un centinaio di partite di Jannik, molte delle quali dagli spalti e, all’inizio, da bordo campo. L’ho ascoltato in molte occasioni pubbliche. Ho seguito la sua evoluzione tecnica e, credo, umana. Non ho tuttavia granché da aggiungere a quanto è stato già raccontato: mancandomi il talento di J.D. Salinger, fatico a trasformare in epopea la storia “normale” (come ripete sempre l’interessato) di un tredicenne sceso dalle Dolomiti a Bordighera con il sogno, ora realizzato, di conquistare il mondo. E comunque se n’è talmente tanto scritto, mostrato, postato negli ultimi mesi, e soprattutto nelle ultime ore, che il rischio di overdose informativa è alto. Provo allora a guardare il fenomeno personale Sinner come eccellenza di un fenomeno collettivo che ha caratteristiche sociali, sportive ed economiche assai ampie.

Lo ha descritto bene, nella concitazione del dopo partita di ieri al Roland Garros, il presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel, Angelo Binaghi, parlando sotto l’ingresso C27: “Domani i nostri quattordicimila maestri di tennis torneranno in campo più orgogliosi di prima e le nostre quattromila società giustamente si sentiranno più protagoniste di prima nello sport italiano”. Ancora: “A Parigi abbiamo nei quarti di finale Jasmine Paolini nel singolare femminile e nel doppio con Sara Errani, e poi Simone Bolelli e Andrea Vavassori nel doppio maschile. Sono anche loro, come Jannik, i frutti di un sistema che funziona e che andrebbe non solo rispettato ma replicato (dalle altre federazioni sportive nazionali ndr), così come fanno i francesi che vengono da noi con umiltà a chiedere, a cercare di capire che cosa abbiamo fatto in questi 25 anni di lavoro”. Per valutare il valore attuale del tennis professionistico italiano bastano pochi dati: otto italiani sono tra i Top 100 del live ranking ATP, oltre a Sinner sono Lorenzo Musetti (numero 30), Matteo Arnaldi (34), Luciano Darderi (41), Flavio Cobolli (50), Lorenzo Sonego (58), Luca Nardi (72) e Matteo Berrettini (94); di questi, gli unici nati prima del 2000 sono Sonego, che ha 29 anni, e Berrettini, che ne ha 28; per fare un paragone, gli Stati Uniti contano su undici Top 100, dei quali però solo quattro sono nati in questo secolo, Ben Shelton (14) Sebastian Korda (26), Alex Michelsen  (61) e Brandon Nakashima (73).

A livello femminile, in Italia le maturazioni sono più lente, delle cinque italiane tra le prime cento al mondo l’unica nata dopo il 2000 è Elisabetta Cocciaretto, numero 41 WTA. Uscita di scena Camila Giorgi, al momento la formidabile Paolini, 28 anni, è settima nella classifica Race che tiene conto dei risultati da gennaio per determinare, alla fine dell’anno, i nomi delle otto in lizza nelle WTA Finals. Pur senza aspettarci risultati come quelli, di Sinner, almeno quattro dei nostri migliori ragazzi – Musetti, Arnaldi, Cobolli e Darderi – possono incrementare il bottino già rilevante di titoli vinti nella stagione in corso. A Nardi va dato il tempo di fare esperienza, a Berrettini di ritrovare la forma e le motivazioni che ne avevano fatto il primo protagonista della svolta del tennis italiano, culminata tre anni fa con la finale a Wimbledon. Alle spalle ci sono ragazzini assai interessanti come Federico Cinà, Andrea De Marchi e Lorenzo Carboni, ancora tutti in tabellone nei Roland Garros Junior. Ora che la “scuola italiana” c’è ed è internazionalmente riconosciuta, Jannik non resterà una mosca bianca. Se la Spagna del dopo Rafa Nadal ha trovato Carlos Alcaraz, venerdì avversario in semifinale del nuovo numero 1 del mondo, l’Italia avrà la possibilità di fare altrettanto a tempo debito. Intanto godiamoci questi giorni di passione.

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