Chi avrebbe mai detto che un film ambientato interamente tra i corridoi austeri del Vaticano potesse essere più avvincente di Game of Thrones? Là battaglie e draghi, qua pizzini e cardinali. Ma Conclave di Edward Berger sta qua a dirci, tra moltissime altre cose, che non c’è bisogno di effetti speciali per creare una storia tesissima e piena di tiri mancini: basta un gruppo di cardinali, qualche tonaca ben stirata (il quiet luxury versione sacerdotale è qui) e il peso della grazia divina. Perché, diciamolo, cosa c’è di più avvincente di un’elezione papale? Nulla, a quanto pare.
La trama è semplice: il Papa è morto, se ne fa un altro; sì, ma quale? Inizia così una partita di scacchi giocata in abito talare, dove ogni mossa è più subdola di un complotto Lannister e ogni parola pesa quanto una bolla papale. Ralph Fiennes, nei panni del tormentato cardinale Lawrence, guida il conclave – «l’assemblea» dei cardinali riuniti a eleggere il nuovo Pontefice – con onestà e spinto a fare il bene, ma dovrà affrontare ogni tipo di dilemma morale e politico, tra aspiranti Papi assetati di potere, corrotti e con molti scheletri nell’armadio da soppesare.
I candidati al ruolo sono pochi determinati. C’è Stanley Tucci nei panni del cardinale Bellini, il liberale; Sergio Castellitto è il reazionario Tedesco, bigotto e razzista; John Lithgow è l’ambiguo Tremblay; Lucian Msamati è Adeyemi, prepotente e dal passato non specchiatissimo; e poi c’è Carlos Diehz nelle vesti del misterioso Benitez, fatto cardinale arcivescovo di Kabul in segreto dal defunto Papa. Accanto a loro (o forse sopra?), la scaltra suor Agnes, interpretata da Isabella Rossellini.